Infrastrutture condivise per una ricerca multi-scala nelle scienze della vita

Intervista a Marino Zerial, direttore di Human Technopole
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Le infrastrutture di ricerca ad accesso aperto costituiscono un ingrediente fondamentale per rendere la scienza sempre più aperta e sostenibile. La messa a fattor comune degli strumenti per fare ricerca consente di risparmiare risorse, incidere meno sull’ambiente, ridurre il divario tecnologico tra ricercatori con molte e poche risorse.

Si tratta di un elemento emerso in più occasioni durante il 48° Congresso della Federazione delle Società Biochimiche Europee (FEBS 2024), tenutosi a Milano dal 29 giugno al 3 luglio 2024. Il FEBS ha visto la partecipazione di più di 2000 ricercatori nel campo delle scienze della vita, di quattro Premi Nobel – Bruce Beutler, Robert Huber, Venki Ramakrishnan, John Walker – e di decine di scienziati tra i più importanti al mondo. Tra simposi tematici e lezioni plenarie, anche le infrastrutture di ricerca hanno avuto il proprio spazio. Quattro infrastrutture ESFRI hanno presentato i propri servizi, mentre una sessione speciale è stata riservata a Human Technopole, centro di ricerca e innovazione voluto dal governo italiano nel 2018.

L’anno corrente segna una svolta per Human Technopole: sono state recentemente lanciate le sue cinque Piattaforme Nazionali, le quali offrono servizi tecnologici sulla base di bandi di accesso aperti. Abbiamo chiesto al direttore, Marino Zerial, di raccontarci Human Technopole e il modo in cui concretizza i principi della Scienza Aperta.

Che cos’è Human Technopole e quali sono i suoi obiettivi?

Human Technopole è un istituto di ricerca fondamentale che studia i meccanismi della fisiopatologia umana oppure i meccanismi fisio-patologici umani. Il Piano Strategico che abbiamo formulato ha quattro obiettivi fondamentali: ricerca, sviluppo di infrastrutture condivise (shared infrastructures, aperte non solo agli utenti di HT ma anche ad esterni), formazione di alto livello, e trasferimento tecnologico. Il Piano presenta una prospettiva multi-scala, che va dallo studio delle molecole, passando per i complessi di molecole, gli organelli, i tessuti, gli organi fino al livello delle popolazioni di individui. Per capire meglio l’approccio di HT alla ricerca, poniamo che si abbia una mutazione: attraverso le Piattaforme di HT è possibile studiare le conseguenze attraverso tutte le scale, partendo dalla cartella clinica, al livello di organo, di tessuti, fino al livello molecolare. Si tratta di una prospettiva ambiziosa. Anche altri istituti operano su scale diverse, ma la difficoltà consiste nel riuscire a transitare in modo predittivo da una scala all’altra, attraverso un’analisi di tipo meccanicistico e di biologia dei sistemi.

In che modo i principi della scienza aperta vengono applicati da Human Technopole?

Il fatto di avere delle Piattaforme Nazionali ci consente di accogliere ricercatori che provengono da laboratori di tutta Italia, i quali portano con sé competenze, domande e tecnologie. Secondo una dinamica di give&take, l’istituto fornisce tecnologie e i ricercatori arricchiscono il repertorio di tecnologie dell’istituto.

Quali sono le caratteristiche che l’iniziativa presenta riguardo la gestione dei dati?

Aderiamo completamente ai principi FAIR, seguendo un approccio FAIR-by-design e principi di trasparenza e accountability. Recentemente abbiamo approvato il regolamento per l’integrità della ricerca: tra le procedure che l’istituto adotterà avremo indicazioni molto chiare riguardo la trasparenza e accountability della ricerca.

Avete implementato strumenti che aiutino i ricercatori a gestire al meglio i processi connessi alla Scienza Aperta, ad esempio che facilitino la compilazione dei Data Management Plan e la gestione di dati e metadati raccolti?

Abbiamo in programma l’adozione di un sistema di electronic lab notebook che sia uguale per tutti, dove chiunque lavori a Human Technopole possa introdurre protocolli e risultati. A dire il vero, il sistema è già stato implementato: le Piattaforme Nazionali già lavorano su un unico sistema. Ma gli altri ricercatori spesso lavorano su piattaforme diverse e occorre che convergano su quella da noi adottata.

Ha da proporci qualche “lesson learned”, qualche considerazione utile in termini di Scienza Aperta?

Porto con me l’esperienza accumulata tra l’EMBL di Heidelberg e l’Istituto Max Planck di Dresda. A Dresda abbiamo portato tutto il meglio del modo di far scienza dell’EMBL ma con qualche modifica: abbiamo fatto in modo che le nostre piattaforme fossero indipendenti dai gruppi di ricerca e rendicontate tramite un sistema di pagamento dei servizi, all’epoca molto nuovo in Europa. Ho voluto introdurre questo principio anche a Human Technopole, perché a mio avviso si tratta dell’unico modo per garantire un accesso democratico, controllato e aperto alle infrastrutture di ricerca. Le piattaforme che ho avuto modo di realizzare a Dresda erano molto efficienti nonostante fossero state implementate con risorse economiche relativamente limitate. Ora, presso HT, mi trovo nella situazione privilegiata di poter disporre di risorse per aumentare il livello tecnologico delle piattaforme. Abbiamo, ad esempio, budget appositi per mantenere la strumentazione state-of-the-art. Inoltre, in Italia abbiamo un livello insufficiente in termini di technology transfer, ossia del passaggio dalla scienza fondamentale alla scienza applicata, e nella maggior parte dei casi le tecnologie ci arrivano dopo che sono state sviluppate altrove. Per questo, uno degli obiettivi che mi pongo è quello di creare collaborazioni con l’industria, in modo da introdurre tecnologie e strumentazioni nuove che offrano alla comunità nazionale dei vantaggi rispetto alla concorrenza.

Quali sono i prossimi passi?

L’implementazione del Piano Strategico – e dunque la realizzazione dei programmi di ricerca multi-scala sulle patologie umane. Perché ciò riesca dobbiamo identificare dei partner di collaborazione in Italia: da soli non possiamo fare tutto. Si tratta allora di identificare collaboratori sia nel mondo accademico che nel mondo biomedico (in ambito clinico) che possano offrirci campioni clinici, materiali, soluzioni o expertise che noi non abbiamo. Fare ciò significa inserire Human Technopole in un contesto molto più nazionale di quello attuale, secondo un paradigma di open innovation che a mio avviso darà benefici a tutti.

Sono previste iniziative, attività o eventi utili da segnalare?

Abbiamo in programma l’organizzazione di corsi formativi e workshop da parte dei ricercatori e delle Piattaforme Nazionali di HT aperti alla comunità. Cercheremo di dar loro una connotazione internazionale, sullo stile dei workshop EMBO, ospitando speaker di alto livello dal panorama della ricerca globale.

Sono previste collaborazioni con iniziative simili?

Ci interfacceremo con le facilities nazionali, perché non vogliamo replicare l’esistente: dobbiamo accertarci del fatto che le nostre siano tecnologie che non si trovano già in Italia. Nel fare ciò, occorre fare in modo di rispettare la filiera di technologies: genomica, ingegneria del genoma e modellazione delle malattie, microscopia ottica, gestione e analisi dei dati, biologia strutturale. In questa pipeline le tecnologie sono connesse tra loro, e passare dall’una all’altra implica una dose straordinaria di coordinamento, quasi fosse un’unica piattaforma. Anche in questo caso occorre entrare in dialogo con la comunità scientifica nazionale, perché ci si allinei in termini di protocolli e standard comuni.

Marino Zerial è direttore di Human Technopole da settembre 2023. Responsabile dell’attuazione del piano strategico pluriennale, presiede il Comitato di Gestione. Si è laureato in biologia all’Università di Trieste nel 1982 con una tesi sulle malattie da accumulo lisosomiale. Ha svolto esperienze di post-dottorato presso l’Institut Jacques Monod di Parigi e presso l’European Molecular Biology Laboratory, EMBL (Heidelberg). È diventato capogruppo di ricerca all’EMBL nel 1989, e nel 1998 Direttore e cofondatore dell’Istituto Max Planck di Biologia Molecolare Cellulare e Genetica di Dresda. Inoltre, è professore onorario presso la Facoltà di Medicina della Technische Universität Dresden.

Anna Bertelli

Anna Bertelli lavora per ESFRI (European Strategy Forum on Research Infrastructures), del quale cura le pubblicazioni e gestisce la produzione della Roadmap e il monitoraggio delle infrastrutture. Collabora in iniziative che coinvolgono congiuntamente ESFRI ed EOSC (European Open Science Cloud). Da tale prospettiva, osserva e studia da vicino il rapporto tra scienza e politica e le pratiche di Open Science. Si è laureata in Filosofia all’Università di Pavia e presso lo IUSS in Scienze Umane.

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